Esisteva una interessante misurazione all’epoca, si parla del 1700, usata per calcolare la gradazione alcolica del rum che veniva servito ai marinai delle flotte navali.
Quale?
L’alcol veniva testato, o provato (=proof in inglese), innaffiando il liquore con una manciata di polvere da sparo!
Che accadeva?
Se la polvere si accendeva, allora era segnale che l’alcol era pari almeno a 100 proof. Se non si accendeva era inferiore a 100 proof, chiamato quindi “under proof”, dunque in conclusione alcol diluito.
100 proof erano uguali a 57,15% gradi alcolici
La polvere da sparo non bruciava nel rum (alcool di scelta all’epoca) con meno del 57,17% di alcol in volume. Il rum con questa percentuale di alcol fu definito come un proof di 100 gradi, ma oggi un proof di 100 gradi significa che la percentuale di alcool è del 50%. Il test della polvere da sparo fu ufficialmente sostituito da un test di gravità specifica nel 1816.
Capito che razza di giochetto usavano per misurare la gradazione alcolica dei distillati. Forte no?
Come si arriva poi alle misurazioni odierne?
Fu Gay-Lussac che sviluppò un preciso metodo di misurazione alcolica, che nei primi dell’800 inventò la tabella alcolometrica. Questa tabella misura il titolo alcolometrico ad una data temperatura.
Sul principio di funzionamento della tabella alcolometrica, il chimico e fisico francese Joseph Louis Gay-Lussac (1778-1850) inventò l’alcolometro, che viene utilizzato per misurare la percentuale di alcol contenuta in una soluzione liquida, fornendo la lettura diretta del contenuto di alcol per 100 ml di liquido.
Si sono usati e si usano vari strumenti di misurazione: si conservano i proof, si adoperano anche i gradi di Gay-Lussac e la tabella alcolometrica.
Ad oggi però, a seconda del paese in cui risiedi, vedrai due sistemi principali per misurare la gradazione alcolica delle bevande.
credit #laragazzachebeve
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